sabato 2 novembre 2013

15. L' Ultima Notte in Iran


Una serata movimentata


L'hotel di Ahar
Sulle montagne dell'Azerbaijan non è facile trovare da dormire, le località dove è possibile pernottare sono rare e distanti tra loro, pertanto all'imbrunire decidiamo di fermarci per la notte ad Ahar, squallida cittadina di 90.000 abitanti.
In città c'è un solo un hotel di livello indescrivibile dove ci accompagna un simpatico iraniano a cavallo della moto di Michele. Le camere sono da 3/4 letti ognuna ma noi decidiamo di prenderne una a testa per la cifra ridicola di 10 euro a camera. Il bagno c'è ma non è utilizzabile e i letti sono dei semplici tavolacci con sopra una coperta che sicuramente non è mai stata lavata. Nessun problema, vorrà dire che dormirò vestito. Se non c'è alternativa sono sempre pronto ad adattarmi in qualunque situazione.

Una Fontana Pubblica
















Dopo aver preso possesso delle camere, nell'attesa che anche gli altri scendano, Michele ed io decidiamo di fare un giro per la città anche se da ciò che abbiamo visto arrivando, non sembra abbia molto da offrire. 
Ad un certo punto accade l'unico vero fatto spiacevole del viaggio A causa di una foto fatta in assoluta buona fede da Michele, veniamo subito bloccati da alcune persone in borghese che in modo tutt'altro che gentile ci chiedono i documenti e dove siamo diretti. Non abbiamo il passaporto e non siamo nemmeno in grado di dire loro dove siamo alloggiati ma comunque dopo un po ci lasciano proseguire. 
A causa di questo contrattempo manchiamo l'appuntamento con Paolo e Franco che se ne vanno per i fatti loro e che incontreremo solo più tardi. Al nostro rientro in hotel scopriamo che nel frattempo sono venuti 4 militari a prendere i nostri passaporti ma che fortunatamente hanno poi riconsegnato. Sembra tutto ok, Paolo e Franco vanno a dormire, ma mentre io e Michele controlliamo la cartina, si presentano altre due persone chiedendo nuovamente i passaporti. Uno se ne va con i documenti mentre l'altro, che non spiccica una parola d'inglese, rimane a piantonarci. Le ore passano, il tizio rimasto è continuamente al telefono e sembra parlare di noi... cominciamo a preoccuparci facendo mille ipotesi su quello che potrebbe accadere. Dopo circa tre ore che sono sembrate interminabili, ritorna quello con i passaporti e ci fa capire che è tutto ok. Tiriamo un sospiro di sollievo e andiamo a dormire ripromettendoci di non dire niente agli altri fino all'uscita dal Paese per non allarmarli inutilmente.
Questo episodio, tutto sommato banale, mi ha fatto capire molto chiaramente come in Iran, anche se tutti sono gentili ed ospitali, basta un niente per ritrovarsi nei guai. Bisogna stare molto attenti.